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Suicidi di adolescenti a Milano – dove sono gli adulti?

L’anno scolastico è iniziato. Con la ripresa delle attività, la cronaca milanese ha riportato alcune notizie che sono passate quasi in sordina, riguardanti le giovani generazioni sul territorio della città metropolitana. Mi riferisco ai tre suicidi, due con esiti mortali, che hanno coinvolto preadolescenti, le loro famiglie e la comunità intera. È evidente che tutto ciò ci impone una riflessione come adulti. Certo, la pandemia può aver contribuito ad acutizzare le fatiche che ciascuno di noi vive nella propria quotidianità, ma forse provare ad allargare lo sguardo ci può aiutare a comprendere meglio quanto accaduto e ad accompagnare i nostri ragazzi con una maggior cura.

La prima riflessione riguarda i modelli educativi e le evidenti contraddizioni che noi adulti abbiamo proposto. Pensiamo all’utilizzo di internet e degli smartphone che dapprima regolamentiamo (“se non fai i compiti ti ritiro il cellulare/ la play…”) e poi, senza particolare motivazione e accompagnamento, siamo addirittura pronti a esigere dai ragazzi che a scuola utilizzino strumenti digitali. Una mamma mi disse: “Meglio saperli sicuri sul divano piuttosto che fuori”. Questa è semplicemente un’illusione, come ci ricorda Alberto Pellai nel libro “Tutto troppo presto”: i ragazzi non sono affatto più sicuri, dal momento che noi adulti non conosciamo i “luoghi” che essi frequentano sulla rete.

Consideriamo anche che non sono stati i ragazzi ad inventare i dispositivi digitali, i videogame e i social network! A pensarci bene, ancora prima della pandemia, gli spazi di confronto, gioco e aggregazione erano già limitati.

Altro elemento su cui vorrei riflettere e che fa parte del mio lavoro in Fondazione, è la mancanza di un’educazione alle emozioni, anche a quelle più faticose, proprio quelle rimosse nel nostro contesto socio-culturale (Instagram docet). I bambini e gli adolescenti di oggi sono in grado di parlare della tristezza e della fatica di diventare grandi, della morte, del dolore, della noia e della frustrazione? Essere connessi, sentirci vicini “da remoto” non è detto che crei, automaticamente, una vicinanza emotiva. Come dico spesso quando entro in classe: “gli esperti siete voi”. Sono proprio i ragazzi che stanno vivendo questi cambiamenti a livello, corporeo, emotivo, mentale e relazionale. Questo li autorizza a parlarne con competenza. Ma spesso non lo fanno…

Forse perché gli adolescenti ci vedono talvolta fragili. Le loro richieste di aiuto non sono sempre comprensibili, anzi “criptate” dal loro corpo e dai loro comportamenti talvolta autolesivi.

Da ultimo è importante considerare come spunto di riflessione le aspettative che abbiamo su di loro e il senso di inadeguatezza che generiamo noi adulti proponendo un modello difficile, se non impossibile, da raggiungere. Di fronte a tutto ciò il rischio è quello di rimanere schiacciato.

Allora forse è utile domandarsi: quanto noi adulti siamo stati in grado di comprendere e accogliere i bisogni dei ragazzi? Quanto siamo stati in grado di sintonizzarci con loro? Spesso pensiamo agli adolescenti muovendoci dai nostri stereotipi, che ci danno tanta sicurezza. Per esempio, io vedo raramente adolescenti che si mostrano trasgressivi, e sono mediamente poco interessati al sesso. Peraltro argomento da cui noi adulti – ieri come oggi – siamo tagliati fuori. Anche alle informazioni sul sesso oggi i ragazzi accedono attraverso la rete. I corpi sono sovraesposti, i legami troppo rischiosi (li abbiamo invitati noi alla diffidenza…), l’intimità è diventata extimità.

È auspicabile, allora, che la famiglia, la scuola e gli enti del territorio si facciano carico insieme di questo cambiamento e facciano di tutto per mettere in campo idee e strumenti per rispondere ai bisogni dei ragazzi e aiutare gli adulti ad affinare modalità di comprensione e accompagnamento di questi fenomeni.

A questo proposito, Fondazione Guzzetti ha attivo un progetto, dal titolo “Io e te alla tua età” specifico per le scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado. Per saperne di più clicca qui.

 

Simona Prinetti, consulente familiare esperta in educazione sessuale e consulente sessuologa (in formazione) di Fondazione Guzzetti