Oggi incontriamo Angela Caruso, che arriva come volontaria al consultorio Sant’Antonio nel 2010, ancora prima che fosse costituita la Fondazione Guzzetti. Oggi Angela è la responsabile dell’amministrazione di Fondazione Guzzetti.
Come hai conosciuto il consultorio?
“Nel direttivo c’era Pippo Crosa, un mio conoscente, che mi ha chiesto di dare una mano dal punto di vista amministrativo. Avevano appena inserito il nuovo programma di contabilità e serviva una contabile. Me ne sono occupata fino al 2013, poi dal 2014 ho assunto il ruolo di amministrativa di tutta la Fondazione”.
Perché hai deciso di rimanere a lavorare per la Fondazione?
“Inizialmente pensavo semplicemente di fare qualche ora di volontariato, poi il lavoro mi ha coinvolto e insieme anche l’ambiente professionale. Cercavo un lavoro retribuito, mia figlia era diventata grande e ho accettato la proposta di lavorare a pieno titolo per la Fondazione. Avrei potuto cercare un altro impiego, dove sarei stata retribuita di più, ma desideravo la qualità del lavoro. In consultorio mi sono sempre trovata bene, anche se ho avuto sempre il ruolo dell’amministrativa, che risulta inevitabilmente un po’ isolata rispetto agli altri”.
Angela Caruso
In che senso?
“Ricoprire questo ruolo ti impedisce di avere rapporti con l’esterno, non ho praticamente contatti con l’utenza e anche con gli operatori la relazione non è frequente. In consultorio però ti senti di fare qualcosa di buono per la società, anche se lavori in amministrazione”.
Che cosa dovrebbe fare Fondazione Guzzetti nei prossimi anni?
“Fondazione Guzzetti è ancora troppo poco conosciuta, anche se presente in quasi tutte le zone di Milano con i suoi sette consultori. Credo ci sia un grande bisogno da parte delle famiglie di non sentirsi isolate. Siamo diventati poco propensi alla socializzazione”.
Colpa del Covid?
“Non solo. Questa difficoltà c’era già prima. Occorre che qualcuno dica alle famiglie: non siete sole! Ce la potete fare. E in effetti è proprio così: in consultorio ci sono operatori professionisti pronti ad ascoltare tutti e ad affrontare insieme i problemi di questo tempo. Non c’è solo il post pandemia”.
Cioè?
“Tutto il momento storico fa paura: il rapporto con i figli sta evolvendo, i ragazzi sono molto spaventati e non hanno fiducia nel futuro. Il tema del clima preoccupa, la guerra in Europa, la crisi politica…”.
Che cosa serve alla città di Milano?
“Credo manchino punti di aggregazione. Non c’è più la mentalità di incontrarsi di persona, si vive sui social, sugli smartphone. Questo è proprio incredibile!”
Prima dicevi che Fondazione Guzzetti non è ancora abbastanza conosciuta. Perché, secondo te?
“Non credo sia un problema di comunicazione, quanto di cultura. L’altro giorno ero a cena da un’amica e il figlio, studente in un liceo di Milano, mi raccontava che hanno fatto autogestione a scuola per richiedere uno sportello psicologico. Gli ho detto che noi come Fondazione proponiamo e realizziamo sportelli psicologici gratuiti in molte scuole superiori di Milano. Lui non lo sapeva. E questo è un problema, perché i ragazzi oggi hanno bisogno di essere ascoltati e non sanno che ci sono strutture, come i consultori, dove possono essere accolti e accompagnati”.