Oggi incontriamo Angelica Gaslini, psicologa e psicoterapeuta di Fondazione Guzzetti.
“Dopo il liceo scientifico, mi sono iscritta alla laurea triennale di Tecnica della riabilitazione psichiatrica”.
Particolare come scelta…
Ho sempre avuto molto interesse per la psicologia e la psichiatria e questo percorso mi ha permesso di conoscerla da vicino, dapprima con il tirocinio e poi con la mia esperienza, durata circa 20 anni, presso un grande ospedale milanese.
Di che cosa ti occupavi?
Di gruppi e interventi riabilitativi individuali rivolti soprattutto a pazienti affetti da psicosi e di disturbi del comportamento alimentare; nel corso degli anni ho seguito anche persone con disturbi d’ansia, e disturbi borderline di personalità. Mentre lavoravo, sentendo il bisogno e l’interesse di integrare la mia formazione, ho deciso di iscrivermi a Psicologia e mi sono laureata; mi sono poi specializzata in Psicoterapia dell’Adolescente e del Giovane Adulto. In parallelo ho portato avanti anche una formazione in Arteterapia, una tecnica terapeutica che utilizza i materiali grafici e artistici in generale nel lavoro clinico.
Angelica Gaslini
E come hai conosciuto Fondazione Guzzetti?
Con il tirocinio per la scuola di specializzazione. Parlo in particolare del consultorio Restelli in cui ho cominciato a operare dal 2014, ma poi ho interrotto perché il mio lavoro in ospedale e nello studio privato non mi permettevano di portare avanti altre attività.
Che tipo di lavoro svolgevi in quel periodo?
Mi occupavo, insieme a un’equipe multispecialistica, di impostare e gestire percorsi riabilitativi finalizzati a una migliore conoscenza e gestione del quadro patologico, ma anche, e forse soprattutto, a riconoscere le proprie risorse, cercando di “utilizzarle” nel miglior modo possibile.
Una formazione molto articolata la tua…
Ho sempre scelto di dedicare molto tempo alla formazione, che trovo fondamentale per rendere più articolata e ricca possibile la “cassetta degli attrezzi” di un terapeuta.
Quindi ti sei specializzata in particolare su adolescenti e giovani?
Sì, anche se nel mio lavoro ho a che fare anche con adulti. Soprattutto nell’ultimo periodo credo siano in aumento le richieste di supporto da parte di adolescenti, famiglie e giovani adulti. Alcuni quadri clinici tendono ad essere molto presenti in questa fascia d’età: disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia e binge eating), abuso di alcol e sostanze, condotte trasgressive e in generale emerge la fatica a gestire alcuni stati emotivi come la rabbia, la vergogna, la frustrazione.
Come hai deciso di lavorare in Fondazione Guzzetti?
Dopo vent’anni nello stesso ambiente di lavoro sentivo il bisogno di “cambiare aria”. A maggio 2022 ho concluso la mia collaborazione in ospedale: il mio bisogno era quello di avere tempi diversi, anche per la mia famiglia, ma soprattutto per mettere a frutto la mia formazione, strutturatasi nel tempo.
Come è cambiato il tuo lavoro, da quando sei in Fondazione Guzzetti?
Innanzitutto ho una maggiore possibilità di gestire i miei tempi, che riesco ad articolare in modo diverso; partecipo inoltre con due differenti equipe al lavoro clinico, in un’ottica di condivisione e confronto con colleghi con formazioni diverse, e questo aspetto mi piace molto.
Qual è il valore aggiunto del consultorio?
Certamente il lavoro in equipe, il confronto con i colleghi dal mio punto di vista è essenziale: le problematiche portate dall’utenza spesso richiedono una risposta complessa e il continuo e reciproco confronto la rende possibile. Mi piace molto condividere modi di lavoro diversi tra loro, approcci anche molto distanti, trovo che anche questo sia un modo di portare avanti “sul campo” la propria formazione e crescita personale.
In quali consultori di Fondazione Guzzetti operi?
Ho iniziato in Restelli, dove conoscevo già l’ambiente e i colleghi, dal periodo del tirocinio. Poi ho cominciato a collaborare con i consultori di Boifava e Strozzi, ma ho dovuto lasciare il primo. Tre consultori sono veramente tanti, si rischia di andare in confusione!
Torniamo alla tua formazione: stai approfondendo qualcosa in particolare?
Ho appena seguito un corso sulla DBT (Dialectical Behaviour Therapy), un approccio clinico che si utilizza con i pazienti impulsivi che tendono all’agito, un’utenza nettamente in aumento, e che si focalizza sulla possibilità di comprendere e gestire gli aspetti sintomatologici di questo tipo. Un’altra area che vorrei approfondire è il lavoro sul corpo con l’adolescente…
Interessante. Di che cosa si tratta?
L’ascolto dei segnali del corpo, della sintomatologia fisica, che molto frequentemente accompagna i vissuti dei ragazzi, e la possibilità di dare a questi segnali un significato nella storia personale dell’utente, sono tematiche centrali dal mio punto di vista: ritengo infatti che impattino in modo significativo sulla vita quotidiana di ragazzi e ragazze, sia adolescenti che giovani adulti. Penso inoltre che sia fondamentale riportare al centro del lavoro clinico il corpo, che spesso fatica ad essere riconosciuto e accettato nelle esperienze personali e sociali dei ragazzi.
Sembra che la categoria dei giovani adulti sembra stia emergendo in modo considerevole…
Sì, i giovani adulti spesso vivono un momento di blocco: fanno scelte, ma non riescono a portarle avanti fino in fondo, in modo costante e strutturato. Ad esempio, finiscono la formazione universitaria e quando si spalanca davanti a loro la vita professionale connessa alle sue necessarie scelte, vivono stati d’ansia spesso molto forti.
Perché, secondo te?
Le facoltà universitarie sono tanto differenziate tra loro che crea stordimento e vertigine sapersi districare tra loro. La capacità di ascoltare le proprie passioni e desideri non è un passaggio facile, spesso la paura sottostante è quella di fidarsi della propria capacità di prendere delle decisioni. Fortunatamente, sono molto bravi a chiedere aiuto e disposti a riceverlo.
Sono la cosiddetta therapy generation…
Esatto: sia i ragazzi delle superiori che i giovani adulti hanno molto sdoganato la possibilità della psicoterapia come aiuto concreto nella loro vita di tutti i giorni, come spazio dove poter ascoltare e mettere a fuoco i propri bisogni e paure e “riconnettere i fili” della propria storia, per poi poter strutturare in un modo più “vicino a sé” il proprio percorso di vita.
Quali sono, secondo te, le sfide che la Fondazione Guzzetti ha davanti a sé per i prossimi anni?
Una sfida che a mio avviso accomuna tutti i servizi che lavorano con le persone è quella di avere strumenti e conoscenze sempre più in grado di comprendere la complessità della società, strutturata secondo modalità sempre più articolate. Forse la vera sfida sta nel non farsi “spaventare” da ciò che non si conosce o è diverso dal consueto, ma dal cercare di comprenderlo, così che diventi una ricchezza per tutti.
In che modo i consultori possono rispondere ai bisogni della città di Milano? C’è qualcosa che ancora non stiamo facendo?
A me piace molto pensare al tema della rete: la collaborazione tra i vari servizi e istituzioni, che spesso, soprattutto in questo periodo, sono in affaticamento da “sovraccarico”, è fondamentale per permettere delle risposte efficaci anche a bisogni complessi. Credo che i consultori possano essere degli interlocutori significativi nella strutturazione di questa rete.