Oggi incontriamo Emanuela Longoni, psicologa e psicoterapeuta di Fondazione Guzzetti.
Emanuela, quando hai deciso di fare la psicologa?
E’ una strada che ho sempre sentito nelle mie corde. E’ un’attitudine che sento di avere, quella dell’ascolto e della curiosità. Mi piace andare a scoprire le cose, conoscere le storie, mettermi nei panni degli altri. In generale, mi ero sempre immaginata a lavorare con persone che potevano vivere situazioni di fatica, di crisi o che, semplicemente, volevano mettersi in un’ottica di cambiamento.
Ha sempre avuto queste qualità?
Sì, queste attitudini mi sono state riconosciute nel tempo e ho deciso di farle diventare il mio punto forte. Lungo il percorso di formazione, ho poi scoperto altri aspetti di me, limiti ma anche potenzialità, che non conoscevo, come per esempio la creatività.
Quale formazione?
Mi sono specializzata in una scuola sistemico-relazionale, focalizzandomi soprattutto sui legami affettivi e familiari, su come i contesti che viviamo influenzano e sono influenzati da come noi siamo. Spesso mi ritrovo a scoprire quanto sia prezioso il lavoro sul rispetto delle diverse posizioni relazionali.
Perché è così importante?
Quando le cose sembrano per forza in un certo modo provo a guardarle da tutt’altra parte. E’ sorprendente. Mi trovo spesso a lavorare sui pregiudizi che ciascuno di noi ha, su come possono essere messi in gioco, anche dichiarandoli. Credo sia fondamentale ampliare i punti di vista e, così, le possibilità di scelta. Come l’imperativo di Von Foerster: “Agisci in modo da ampliare le possibilità di scelta”. Tanta sofferenza deriva dal fatto che spesso ci si sente vincolati a un unico modo di vedere le cose.
Veniamo al consultorio. Come hai conosciuto Fondazione Guzzetti?
In occasione del tirocinio post lauream, nel 2009-2010. Ho fatto la scuola di specializzazione mentre già lavoravo in Fondazione.
Sei soddisfatta del tuo ruolo professionale?
Molto! La mia aspettativa era di fare quello che faccio anche nell’ambito della prevenzione, che tuttora vede molto del mio impegno professionale…
In che senso?
Oltre che occuparmi dell’ambito clinico – attraverso consulenze, colloqui, terapie con individui, coppie e famiglie – mi occupo di progettare e curare interventi di promozione della salute e prevenzione del disagio. Il mio desiderio è quello di favorire quei piccoli o grandi cambiamenti che consentano alle persone di attivare delle risorse, prima di arrivare a star male.
La tua è una sensibilità sviluppata in un ambiente educativo particolare?
Sono cresciuta molto nella mia comunità locale, nell’oratorio della mia parrocchia. E anche oggi, in veste di moglie e mamma, partecipo a un gruppo di famiglie con bambini.
Come avete vissuto la comunità in quest’ultimo anno così complesso?
Non siamo riusciti a incontrarci con costanza e questo ci è mancato. Ma abbiamo comunque mantenuto le relazioni. Non riuscirei a non avere confronti con altre famiglie, con altre coppie. Credo sia importantissimo riscoprire nell’altro le proprie fatiche, normalizzare, e rilanciare su certi temi…
Quanto è importante vivere i primi anni di una nuova famiglia – magari anche con bimbi piccoli – in gruppo?
Fondamentale. Aiuta a stemperare molti vissuti. Arricchisce perché puoi vedere altri modi di vivere. Aiuta te, il bambino e la relazione di coppia. Anche se fosse solo attraverso una chat…
Le famigerate chat…
Io partecipo volentieri alle chat di gruppo! Credo sia stato utile quest’anno mantenere lo scambio di idee ed esperienze con alcuni gruppi: in alcuni momenti una parola di incoraggiamento può fare la differenza!
Come sarà dopo la pandemia?
Tutto diverso. Non si tornerà alla normalità. O meglio, avremo un altro metro di normalità, un nuovo modo di vivere la normalità, di stare insieme agli altri. La salute passerà da questo: quanto riusciremo a continuare a rimetterci in gioco, anche in nuove forme, nei legami con gli altri.
E come sarà Fondazione Guzzetti dopo la pandemia?
Quello che Fondazione Guzzetti ha iniziato a fare da tempo è esplorare nuovi territori, nuovi legami, nuovi fondi di sussistenza. E credo sia giustissimo. Ancora di più la Fondazione è stata chiamata a sviluppare, a seguito della pandemia, la propria “capacità imprenditoriale”: rispondere alle esigenze e bisogni emergenti dal territorio, tessere legami con altri enti, ideare progetti innovativi…
E tu come sarai dopo la pandemia?
Anch’io dovrò puntare sull’esplorazione, soprattutto di nuovi confini! Sono cresciuta tanto in Fondazione Guzzetti: ho acquisito ruoli diversi, competenze nuove. In questi anni ho vissuto anche grandi cambiamenti nella mia sfera personale. E anche tutti i cambiamenti legati alla pandemia. Sta arrivando il tempo per configurare nuovi, e magari più stabili, equilibri!