Domenica 9 maggio sarà la festa della mamma.
Incontriamo Chiara Da Ros, psicologa e psicoterapeuta di Fondazione Guzzetti, madre di due figli di 13 e 8 anni.
Chiara, è ancora necessaria una festa per la mamma?
Proviamo a girare la domanda. La mamma – come il papà, i nonni, la donna – deve essere ricordata solo quel giorno? Se così fosse, sarebbe una festa sterile, se non addirittura una presa in giro. La donna va pensata tutto l’anno, il papà è importante tutto l’anno. Ma io sono sempre d’accordo con i momenti di celebrazione. E’ bello che ci siano queste feste. La celebrazione ha il suo senso.
Quale?
Ti fermi e ci pensi. Dici poco? Dai quel riconoscimento ufficiale che ha una sua utilità nella vita di tutti i giorni. La coppa che hai vinto è sull’armadio e si riempie sempre di polvere, ma è lì e ti guarda tutti i giorni e tu la guardi tutti i giorni, a ricordare che quel premio l’hai vinto e che hai messo in gioco delle risorse. E’ un simbolo che va mantenuto. Certo, tornando all’argomento principale, non basta fare la festa della mamma solo quel giorno.
Soprattutto in un anno come quello che abbiamo appena vissuto…
Quest’anno le mamme sono state come lavatrici con 1200 giri di centrifuga. Non ci siamo mai fermate, e invece ora serve proprio fermarsi e riconoscersi per quello che si è fatto anche come mamme. Gli altri mi festeggiano, ma anche io festeggio me stessa, almeno un pochino.
Ti ricordi la tua prima festa della mamma?
Certo! Molto bene! E’ stato 13 anni fa. Il mio primogenito aveva otto mesi. E quel giorno mi è servito per dire a me stessa: “Brava, ce l’hai fatta in qualche modo!” E’ stato come raggiungere il traguardo della consapevolezza di un cammino che è corso veloce, iniziato con tanta teoria e senza alcuna esperienza, intriso di prove, di errori e di apprendimenti vitali. In quel momento, in quel giorno in cui per la prima volta mi riconoscevo che quella festa riguardava anche me, mi sono guardata indietro: ho rivisto l’esperienza del parto, dell’allattamento, dei primi mesi di vita di mio figlio, di quell’innamorarsi del proprio figlio in modo graduale, dei cambiamenti nel rapporto con il partner, con la famiglia allargata, con gli amici e la società. Ho capito così che diventare mamma, essere mamma non è solo un’esperienza magica, una fiaba, ma un’esperienza dura, che ti mette alla prova, che ti chiede di imparare che cosa vuol dire davvero amare l’altro per come è e di maturare come persona.
Chiara Da Ros
Torniamo al 2021. Che cosa è necessario celebrare quest’anno per le mamme?
Abbiamo fatto l’impossibile quest’anno. Non penso che i papà non abbiano fatto nulla, anzi. Ma è un dato di fatto che in molte famiglie la mamma è ancora la regista della vita scolastica, relazionale e di aspetti organizzativi dei figli. Le donne si sono caricate un peso notevole sulle spalle. Molte hanno rinunciato anche al proprio lavoro. L’occupazione femminile ha avuto la maggiore deflessione. Si sono caricate del surplus del lavoro non retribuito, come quello casalingo.
Le donne, soprattutto madri, hanno ricoperto ruoli che erano riservati ad altri…
Esatto, non solo mamme. Siamo state maestre, professoresse, allenatrici, catechiste, intrattenitrici… Io per esempio per aiutare i miei figli “a scaricare le energie” compresse dalla vita limitata alla casa ho preso l’impegno di far svolgere ai miei figli attività sportiva prima delegato all’esterno. L’anno scorso nel lockdown più severo stavamo sul balcone o nel cortile condominiale cercando di fare degli esercizi che mi ero studiata da internet o che giravano nelle chat sportive. Quest’anno ci siamo dedicati ad imparare ad utilizzare i pattini nei box di casa o fare tanti giri in bici. Come intrattenitrice ho giocato a carte o ai giochi in scatola con loro anche se eravamo stanchi, ma era necessario per tenerli un pochino lontano dalla tecnologia. Mi sono fatta carico della casa, non avendo più l’aiuto di mia mamma, per gli aspetti più pratici e domestici.
Certo, perché da un lato c’era massima attenzione per i figli, dall’altra protezione per i propri genitori.
Sì, dovevo cercare di tenere mia mamma più lontana possibile da noi, sperando che non invecchiasse di dieci anni in un anno solo. Non volevo che si sentisse sola. Così a Pasqua le ho portato sul pianerottolo di casa una buona colomba, una delle migliori della zona. Le abbiamo mandato un video in cui le cantavamo una canzone realizzata anche con mio marito, mia sorella e mio cognato. Non avrei mai immaginato che ci saremmo mai potuto mettere in gioco così con la tecnologia, con il canto e con l’esibirsi a cui non siamo naturalmente portati.
Non abbiamo ancora parlato del lavoro, inteso proprio come professione.
Già, perché il nostro lavoro in Fondazione Guzzetti è andato avanti, per fortuna. Noi operatori abbiamo sempre continuato a lavorare, per di più con aggiunte di richieste che rendevano alcune giornate davvero infinite. Non ci siamo mai fermati e abbiamo modificato il nostro modo di lavorare, per poter svolgere i colloqui anche da remoto. Ho studiato le differenze che c’erano tra colloqui terapeutici dal vivo e online.
Alla faccia del multitasking… Tutto questo che costo ha avuto?
Questa è la domanda che dobbiamo cominciare a farci… Certamente, un anno così difficile ha avuto un prezzo da pagare. E questo prezzo l’abbiamo pagato innanzitutto come persone; i ragazzi adolescenti poi sono stati privati della scuola molto più dei piccoli.
C’è stato un aspetto positivo di tutto questo periodo complesso?
La luna di miele con i miei figli: ci siamo abbracciati molto di più. Essere la persona di riferimento per loro mi è piaciuto moltissimo. Generalmente non mi potevo permettere di andare a prendere il più piccolo a scuola quasi tutti i giorni o di preparare il pranzo al grande che rientrava. E’ stato bello poterlo fare.
Come si può superare lo stereotipo del ruolo materno?
Ora è venuto il momento di capire la situazione delle donne e delle mamme con i dati di realtà. Per esempio, lo stereotipo del ruolo materno dice che se una donna sta a casa coi bambini non lavora. Ma il lavoro domestico è comunque un lavoro. Infatti se una donna lavora 8 ore al giorno fuori casa e non può occuparsi dei lavori domestici, paga qualcuno per farli. Quindi è un lavoro. Seguire i figli per la scuola o per la loro quotidianità non è cosa facile a cui siamo naturalmente portate senza costi. Ci siamo sentite dire troppe frasi sbagliate quest’anno.
Ad esempio?
Se sei a casa in smartworking, non hai diritto a sussidi per la baby sitter: ce la devi fare!
Ma tutte noi che lavoriamo in smartworking sappiamo bene che non possiamo seguire i nostri figli mentre lavoriamo. E non possiamo lavorare se seguiamo i nostri figli.
E allora, come fare?
Per migliorare la condizione della donna e della mamma ci vuole un contributo maschile importante. L’emancipazione della donna e della mamma è compito della donna: ne siamo convinte. Ma su questo ci siamo, ormai. Ci sono in corso tante bellissime iniziative a diversi livelli e sono sicura che continueranno. Manca invece tantissimo la parte dell’uomo. Devono essere gli uomini a scendere in piazza con le donne per una nuova visione della donna e della mamma, ma devono anche essere disponibili a rivedere il loro ruolo, ad aprirsi a nuovi modi di essere presente e di contribuire. E poi occorre una maggiore solidarietà tra le donne.
Secondo te non è abbastanza?
Potremmo fare molto di più. Mi lasciano senza parole quelle situazioni che mi raccontano in cui o la tua mamma, tua suocera, le mamma della classe dei tuoi figli, le amiche non fanno davvero squadra con te. A volte mi sembra di scorgere invidia, competizioni, gelosie. Poi però capita di vedere situazioni in cui delle donne arrivano ad essere “migliori amiche” o a fare davvero squadra e rete di supporto e valorizzazione. Lì il mio cuore batte fortissimo perché ti accorgi che un vero gruppo di donne riesce ad essere la forma più potente di tutto nel crescere, nel lottare, nello starsi vicino sempre e in qualsiasi condizione. Dovrebbe essere ancora più frequente.
A che cosa dobbiamo dire: “Basta”?
Innanzitutto a leadership governative, aziendali, istituzionali non innovative, senza sguardo ampio, capaci di cogliere e valorizzare la complessità fatta non solo di aspetti economici, ma anche di aspetti psicologici, umani e relazionali imprescindibili per prendere delle decisioni, per produrre cambiamenti culturali e per produrre un reale benessere. Cominciare tutti a gioire con lei dell’essere donna, a partire dalla festa del 9 maggio.