Paola Gezzi, ostetrica dei consultori Kolbe e Mancinelli (Fondazione Guzzetti), è sposata e ha cinque figli: 12 anni, 10 anni, due gemelle di 8 anni, e un piccolo di 2 anni.
Come avete vissuto il primo lockdown?
“Con gran fatica. Siamo in sette, viviamo in trilocale di 85 mq. Abbiamo sentito tutta la fatica degli spazi da condividere. Ma è stato piacevole godersi una routine diversa dal solito. Abbiamo gustato un tempo di qualità vissuto coi figli. E abbiamo potuto comprendere bene che emozioni vivono durante la loro giornata, soprattutto in ambito scolastico. Indubbiamente, un lato positivo di quel periodo è stato non dover correre per attività sportive e affini. Abbiamo avuto più tempo per vivere in pienezza le relazioni”.
E le restrizioni attuali?
“Ad oggi siamo in un limbo. I nostri figli hanno gli zaini pieni, perché non si sa se domani si va a scuola o no, perché un compagno positivo li costringerebbe a una quarantena di due settimane”.
Dal punto di vista lavorativo?
“Gestisco i gruppi da casa, mentre ovviamente le consulenze individuali sono in presenza”.
Come vivono i più piccoli questa condizione?
“I più piccoli li vedo come un gran punto di domanda. Si guardano attorno, vedono tanta angoscia e ansia. Ma nel nostro caso vivono abbastanza serenamente”.
Che cosa dite loro?
“Certamente comunichiamo il nostro stato di tranquillità, soprattutto attraverso il linguaggio non verbale. Il messaggio che vogliamo loro comunicare, sin da febbraio è che: poco importa quello che può capitare, perché lo affrontiamo insieme. Il dodicenne inizia ora la quarantena e la didattica a distanza, essendo in seconda media. La quotidianità ora diventa noia. Le ore di didattica sono sempre meno rispetto a quelle che farebbe a scuola. Non patisce troppo la mancanza dello sport. A lui piace molto leggere, guardare documentari. Ma dobbiamo invogliarlo noi nelle relazioni”.
Com’è vissuto il ruolo del padre nella vostra famiglia?
“Mio marito ha sempre lavorato molto, sia prima del lockdown che durante. Ma anche ora. Durante il lockdown abbiamo potuto condividere diversi momenti che prima non potevamo vivere insieme. Certamente ora al padre, in generale, viene chiesto di avere un occhio più lungimirante, senza dimenticare la presenza con i figli e la tutela della famiglia e del proprio posto di lavoro, che in molti casi è l’unica fonte di reddito”.
E a una madre cosa viene chiesto?
“Generalmente alle madri viene già chiesto troppo. Quindi spero che ora non venga chiesto più altro, in aggiunta. Alle madri però mi sento di consigliare quello che una santa dei giorni nostri amava ripetere: piccoli passi possibili. Un pezzettino alla volta, facilmente raggiungibile, senza farsi travolgere dall’onda che sta arrivando in lontananza”.
Guardandoci attorno, tante famiglie sono costrette a rimettersi in gioco a livello lavorativo…
“Esatto. Conosco chi sta frequentando un corso per agente immobiliare o per amministratore di condominio. Chi invece vive la continuità lavorativa, vive con fatica la quarantena dei figli”.
Secondo te qual è la categoria più in crisi in questo momento?
“Senza dubbio, l’adolescente. E’ più in crisi perché il più povero di risorse. Ora bisogna invogliare gli adolescenti a coltivare le relazioni e pensare come sfruttare al meglio questo vuoto. Anche riguardo alla strumentazione tecnologica che hanno: l’ovvietà di possederla impedisce loro di godersi appieno la strumentazione. Devono mantenere vivo il desiderio di potersi rivedere e vivere questo tempo il più possibile in comunione con i loro coetanei”.