Il 15 marzo in tutta Italia si celebra la giornata nazionale del fiocchetto lilla, per mettere sotto la lente di ingrandimento tutti i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione che colpiscono soprattutto giovani e giovanissimi.
Abbiamo chiesto a Sarah Spelta, psicologa e psicoterapeuta di Fondazione Guzzetti, di spiegarci meglio questi disturbi e come fare per combatterli sin dal loro esordio.
DISTURBI ALIMENTARI – CHE COSA SONO?
Sono patologie che hanno un corollario di segnali, cioè di sintomi, legati all’area dell’alimentazione e che prevedono dei comportamenti ben precisi, che si ritrovano frequentemente in diversi disturbi. In particolare sono tre gli ambiti di riferimento:
BULIMIA
L’obiettivo della persona bulimica è mangiare, avere la sensazione di stomaco pieno, con un temporaneo senso di pienezza che provoca anche ottundimento mentale. Successivamente si attuano pratiche che avvengono molto rapidamente, ossia condotte di eliminazione, spesso attraverso l’induzione del vomito. Ci sono dei siti dove purtroppo insegnano e spiegano come eliminare i cibi mangiati, per evitare l’accumulo di calorie. Ad esempio con l’induzione del vomito o con una pratica ostruttiva oltre una certa misura, come una corsa esasperata. Si ritrovano anche pratiche molto assurde, come ad esempio l’indicazione che per dimagrire bisogna mettersi in una vasca di acqua gelata. Questi siti sono fatti apposta per dare indicazioni spesso fuorvianti.
OBESITA’
Un disturbo dell’alimentazione è legato all’obesità e consiste nel binge, ossia in abbuffate caratterizzate dall’ingestione compulsiva di grandi quantità di cibo in tempi brevi e a prescindere da una reale sensazione di fame. Il soggetto si percepisce non adeguato, ma non riesce ad evitare di mangiare in continuazione. Negli ultimi anni si è verificato un aumento considerevole di casi di obesità infantile
L’ANORESSIA PUO’ SFOCIARE IN BULIMIA?
Certo. Non pensiamo a questi disturbi con i compartimenti stagni. Il disturbo può iniziare con la restrizione e poi passare alla bulimia.
E’ UNA QUESTIONE PRETTAMENTE FEMMINILE?
No, non è una questione femminile. Sicuramente la percentuale di femmine con questi disturbi è più alta, ma ultimamente si verificano frequenti casi anche nella popolazione maschile.
A CHE ETA’ SI REGISTRANO I PRIMI CASI?
Recentemente si è molto abbassata l’età di esordio. Parliamo della prima adolescenza: 11-12 anni. Spesso registriamo casi nel passaggio dalla scuola media alla scuola superiore. I passaggi evolutivi sono sempre momenti di crisi, che possono diventare poi spazi-finestra nei quali si manifestano disagi che si concentrano sul corpo.
I DISTURBI ALIMENTARI SONO STRETTAMENTE LEGATI A FATICHE IN AMBITO PSICOLOGICO?
L’aspetto psicologico è certamente collegato ai disturbi alimentari, che si inseriscono all’interno di un disagio legato alla propria immagine corporea, che poi sfocia nel desiderio di modificarla. Questo è l’aspetto più legato all’anoressia e quindi alla restrizione e al dimagrimento. Il corpo viene visto in modo non adeguato.
SI PUO’ GUARIRE DAI DISTURBI ALIMENTARI?
Certamente. Ci sono diversi approcci, alcuni cognitivi, altri inerenti a un’analisi emotiva, legati a una ri-abitudine e un ri-educazione alimentare che possono dare dei risultati positivi. Ma è molto difficile guarire, senza andare a comprendere la componente psicologica. E’ bene avere chiaro che si può uscirne, ma l’area del cibo resterà sempre un’area di difficoltà, come se fosse il tallone d’Achille. Rimane una componente di fragilità legato all’autostima, a un senso di inadeguatezza, alla difficoltà nel gestire le emozioni. Se si ha un’area di disagio e insicurezza rispetto a se stessi, se c’è questo nucleo di fondo, in qualche modo si manifesta. E se una persona non cura questo senso di disagio e sofferenza rispetto a sè e alle relazioni affettive, è difficile che il disturbo alimentare venga completamente sradicato. L’individuo, anche se guarito, si porta dietro degli aspetti di fragilità. Con una terapia la persona dovrebbe acquisire una capacità di gestione del problema e riconoscere i campanelli d’allarme.
QUALI SONO I CAMPANELLI D’ALLARME?
Sicuramente un’individuazione precoce del problema rende più efficace la terapia da mettere in campo. Prima si arriva a cogliere i segnali e più facilmente questi soggetti riescono a usufruire di una cura rapida e risolutiva. I segnali nell’ambito dell’anoressia sono un calo ponderale evidente, un cambio nelle pratiche alimentari, come ad esempio lo scarto di certi alimenti, l’insoddisfazione per il proprio corpo, espressa anche verbalmente. E’ molto frequente l’espressione di disagio rispetto alla propria immagine. Un altro segnale è la dismorfofobia, cioè una percezione di sé alterata rispetto alla realtà. E’ il classico caso di una ragazzina magra che si vede grassa. Nel caso delle ragazze è frequente anche l’interruzione del ciclo mestruale
DOVE E’ PIU’ FACILE PERCEPIRE QUESTI SEGNALI?
Indubbiamente a casa.
CHE COSA FARE QUANDO SI PERCEPISCONO GIA’ I PRIMI SEGNALI?
Giocare d’anticipo. Il primo accesso al consultorio è fondamentale, anche se – dopo un primo colloquio – l’operatore chiederà una valutazione medica per tutti questi disturbi. E’ necessario portare il soggetto da un dietologo, nutrizionista, laureato in scienze dell’alimentazione. L’insidia è la negazione della realtà. E il dato di realtà ce lo dà solo una visita medica.
CHE RUOLO HA IL CONSULTORIO NELLA CURA DEI DISTURBI ALIMENTARI
L’accesso in consultorio consente di incontrare operatori che possono aiutare la persona a prendere contatti con uno specialista e fare una visita medica. Solo così si può valutare effettivamente il livello corporeo, fisico del paziente. Ricordiamo che i disturbi dell’alimentazione sono legati a scompensi e disfunzioni fisiologiche. E’ necessario calcolare il BMI con una misurazione ben precisa. Poi in consultorio si può proseguire nella cura del disturbo alimentare dal punto di vista psicologico, relazionale, ecc.
LO SPORT PUO’ SALVARE DAI DISTURBI ALIMENTARI?
No, lo sport non è necessariamente un fattore protettivo. Determinati sport possono essere anche aree che creano condizioni di rischio. Molti sport promuovono il corpo molto esile, magro e filiforme. Allenatori particolarmente fissati sull’aspetto fisico mandano messaggi che vanno proprio in quella direzione, denigrando il corpo più robusto. Penso alla danza classica o al pattinaggio. Potrebbe anche essere che una ragazza che fa sport manifesti il disagio della bulimia. Tante ragazze che praticano attività sportiva, se colte dall’insicurezza della propria capacità, soprattutto in ambito agonistico, abbandonano lo sport, pur di non affrontare il problema.
CI SONO PERSONE DESTINATE AD AVERE DISTURBI ALIMENTARI?
No, ma molto fa il contesto famigliare. Ad esempio, se ci sono contesti famigliari in cui i soggetti sono tutti sovrappeso, per un’ereditarietà genetica, è facile che la ragazzina o il ragazzino siano obesi sin da piccoli.
QUANTO CONTA IL GIUDIZIO DEGLI ADULTI SULLE PERSONE AFFETTE DA DISTURBI ALIMENTARI?
L’elemento di giudizio esterno può dare o meno una direzione. I giudizi degli adulti che accompagnano un ragazzo o una ragazza nella sua crescita vanno a influenzare, ma non sono determinanti.