Oggi incontriamo Giovanna Capolongo, psicologa e psicoterapeuta del consultorio san Cristoforo, nel quale lavora dal 2007, anno di inizio attività per il settimo consultorio di Fondazione Guzzetti.
Perché scegli di lavorare in consultorio ancora oggi?
In precedenza avevo già collaborato nell’attività di formazione di alcuni operatori che hanno dato vita al consultorio. L’attività consultoriale mi ha sempre attirato proprio per il tipo di risposta che veniva offerta alle persone: una risposta pronta, veloce, precisa e soprattutto multidisciplinare al bisogno delle persone che bussano alla nostra porta. Se posso stabilire un paragone, è come un Pronto Soccorso in cui gli operatori celermente mettono in campo le proprie competenze che poi diventano risorse per tutti (operatori e utenti). L’obiettivo è quello di favorire il maggior benessere della persona o della coppia o della famiglia.
Una risposta multidisciplinare comporta un grande lavoro di squadra…
Certo! Proprio per questo per noi è importantissimo il momento dell’equipe. L’equipe si incontra settimanalmente per condividere percorsi e domande. Ma è soprattutto un momento di supervisione in cui competenze diverse concorrono a delineare un percorso più idoneo al bisogno della persona che lo richiede.
Che tipo di lavoro svolgi in consultorio?
Faccio attività di psicoterapia, ma la mia formazione è psicoanalitica. Mi sono formata in una scuola freudiana in cui ho acquisito la tecnica psicoanalitica e presso cui ho svolto l’analisi didattica. Da un po’ di anni partecipo annualmente al lavoro di formazione e di supervisione all’interno della Scuola di Psicoterapia Psicoanalitica della Coppia e della Famiglia del Dott. D’Orazio e della Dott.ssa Lelli, il cui metodo di ricerca si occupa della postura psicoanalitica “come veicolo e comprensione nella relazione di ruolo che coinvolge il terapeuta e il paziente”.
Perchè questo metodo è di aiuto in un’attività come quella del consultorio?
Perché in consultorio i percorsi sono necessariamente brevi e la domanda (il più delle volte urgente) richiede una risposta che metta in condizione la persona di acquisire in tempi brevi, strumenti e chiavi di lettura del proprio disagio al fine di stare meglio. In questo senso la pandemia è stato un interessante banco di prova e soprattutto un’occasione per mettere in campo nuove risposte al bisogno crescente di chi si rivolgeva a noi.
Poco tempo ha hai istituito un corso in consultorio, quello di economia domestica 2.0. Ce ne parli?
Il corso di Economia Domestica 2.0 è la versione più aggiornata di una materia scolastica, nata nel dopoguerra per aiutare le ragazze, (ma oltremanica anche i ragazzi), nella gestione delle cose di casa e nella cura dei figli e che al presente richiede non solo antiche ma anche nuove e più adeguate risposte. Il corso è nato come risposta ai bisogni emersi durante il corso di preparazione al parto a cui partecipano non solo le donne ma anche i loro partner. I bisogni riguardano la necessità di conoscere se stessi, il proprio funzionamento, l’importanza di stabilire relazioni adeguate e soddisfacenti non solo con chi riconosciamo più importante e significativo nella nostra vita ma anche con gli altri (dal collega di lavoro al panettiere…). Tutto questo all’interno di un progetto che ha come obiettivo le dieci life skills che l’OMS ha stabilito come raccomandazione per migliorare se stessi. Attualmente il percorso è rivolto a uomini e donne di tutte le età, che abbiano voglia di mettere in crisi alcuni comportamenti che ostacolano il proprio benessere e complicano la relazione con l’altro. Ciascuno dei quattro incontri prende spunto dall’osservazione di opere di pittori che hanno segnato la cultura occidentale da fine Ottocento alla prima metà del Novecento, per poi condividere con i partecipanti alcune riflessioni che diventano in un secondo momento oggetto di condivisione.