Lo sportello psicologico scolastico di Fondazione Guzzetti è attivo anche adesso, nonostante le restrizioni per la pandemia in corso. Ogni scuola può accedervi.
Si tratta di un servizio rivolto a tutti gli studenti delle scuole superiori della città di Milano.
Perché è importante uno sportello a scuola?
Ne parliamo con la dott.ssa Chiara Da Ros, che da più di dieci anni lavora con un liceo a sud di Milano, proprio nella zona di competenza di uno dei consultori di Fondazione Guzzetti.
“Lo sportello in una scuola è molto importante. Spesso quando i genitori si presentano in consultorio perché hanno dei problemi con i figli, si presentano soli: i figli infatti non vengono volentieri in consultorio. Ecco perché lo sportello a scuola è strategico. E’ l’ambiente neutro, dove la chiacchierata con lo psicologo rientra nella giornata quotidiana scolastica”.
Come funziona concretamente?
“La scuola, nella figura del dirigente scolastico e degli insegnanti, ha un grande ruolo nel cogliere campanelli d’allarme negli studenti. Possono riguardare tematiche affettive, questioni legate alla motivazione nello studio, o difficoltà di apprendimento. Generalmente i docenti invitano lo studente a recarsi presso lo sportello psicologico. Oppure lo può fare in autonomia il ragazzo o la ragazza o attraverso il coordinatore di classe. La vera efficacia di uno sportello psicologico scolastico è la rete di attenzioni degli insegnanti nei confronti degli studenti”.
Come si svolge ora un colloquio?
“Gli studenti mi scrivono e fissiamo un appuntamento. Attraverso la loro piattaforma scolastica facciamo il colloquio, che per ora è consentito solo in modalità telematica. Prima del lockdown quasi un giorno a settimana ero a scuola per incontrare personalmente gli studenti”.
Sono aumentate le richieste?
“No, i numeri sono notevolmente diminuiti, rispetto all’anno scorso. Le richieste sono nettamente inferiori. Prima garantivo 60 ore in un anno scolastico, che svolgevo in 20 giornate lavorative. E avevo la lista d’attesa, perché i blocchi disponibili erano inferiori alla richiesta. Ora è l’opposto”.
Perché?
“Il grosso problema è che ora gli studenti sono a casa. Fare i colloqui da remoto li mette in imbarazzo. Sono preoccupati che qualcuno li possa sentire, perché hanno i genitori in smartworking. A scuola invece durante l’orario scolastico i genitori non sanno neanche che i propri figli vanno dallo psicologo quel giorno. Lo sportello psicologico nel contesto scolastico e durante l’orario scolastico li fa sentire più liberi e protetti”.
Non è necessaria l’autorizzazione del genitore?
“Certo che è necessaria. Ma il genitore, anzi entrambi i genitori per legge, danno l’autorizzazione valida per tutti e cinque gli anni delle superiori”.
Un grosso limite è l’aspetto legale delle autorizzazioni…
“Esatto. Per incontrare i ragazzi io devo avere l’autorizzazione di entrambi i genitori. Ci sono genitori discordanti sul tema dei colloqui con uno psicologo, ci sono genitori che non si parlano e che utilizzano lo sportello psicologico come pretesto per litigare e questo rende più difficoltoso raccogliere le firme. Questo ci toglie una gran fetta di ragazzi, spesso i più bisognosi. Nel momento in cui invece ho entrambe le autorizzazioni, il ragazzo o la ragazza possono venire allo sportello sempre, per tutti e cinque gli anni di scuola superiore”.
Tornando ai colloqui, quali sono gli aspetti più spinosi che emergono ora dagli adolescenti?
“Sicuramente il lockdown e le restrizioni amplificano alcuni loro disagi evolutivi, di studio, personali e di relazione con i pari e i familiari. Però nascono anche nuovi disagi, il momento attuale rappresenta un fattore rischio di sviluppo di nuovi malesseri o di amplificazione di sintomi. C’è molta fatica a tenere la motivazione nello studio, a concentrarsi. C’è senso di solitudine, di tristezza e di inadeguatezza, ma anche tanta rabbia verso se stessi e gli altri che rischia di esplodere”.
Quindi la pandemia ha cambiato le tematiche o i problemi dei ragazzi?
“Stiamo tutti pagando delle conseguenze di questa situazione. Loro però sono in una fase unica della loro vita, ogni momento può essere unico, prezioso e “storico”, quindi sentono ancora più forte l’esigenza che tutto vada bene e di non perdersi. Emerge tanto il tema dell’ansia scolastica e l’abbandono scolastico. I ragazzi hanno paura del giudizio, del voto, della prestazione. Manca loro ancor più il coraggio di essere se stessi. Hanno una bassa autostima di sé, non si piacciono, hanno paura di esporsi, di non essere all’altezza rispetto al proprio fisico e alle loro aspettative o di quelle familiari, di differenziarsi. Per non parlare di tematiche un po’ più problematiche…”
Ad esempio?
“I disturbi dell’alimentazione, la fatica a gestire la rabbia, i dubbi sulla loro identità sessuale e la fatica nel rapporto stretto con i genitori. In questa condizione di isolamento sembra tutto più complicato. Hanno bisogno di relazione, di vitalità, di colore e calore che spesso uno schermo in camera e le mura di casa non riescono a darti o non bastano. L’emarginazione sociale è elevata all’ennesima potenza. Spesso sono in casa da soli, non hanno le opportunità per fare corsi extra scolastici, senza stimoli. A questa età invece è fondamentale trascorrere più tempo possibile a scuola (quando sarà possibile), oltre allo studio”.
Perché?
“Innanzitutto è un luogo conosciuto, gli insegnanti sono già una guida per loro. Il genitore è anche più tranquillo a lasciarsi in un luogo sicuro con persone di cui si fidano. E i ragazzi non devono andare a cercare chissà dove un’esperienza per riempire il tempo. Nelle scuole si possono frequentare corsi di lingua, di musica, di teatro, corsi sportivi…”
Vige il segreto professionale anche nello sportello scolastico?
“Certamente! Quello che mi raccontano rimane tra me e i ragazzi. A meno che non concordiamo insieme di parlarne con l’insegnante”.
Se sei un dirigente scolastico o un docente, contatta la segreteria di Fondazione Guzzetti, per sapere in che modo è possibile attivare una collaborazione anche con la tua scuola.
Info:
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