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Simone Bruno – Ora occupiamoci dei giovani adulti

Oggi incontriamo Simone Bruno, psicologo di Fondazione Guzzetti.

Ho sempre coltivato un grande desiderio: lavorare nell’ambito del “sociale”. Ho scoperto sin da giovane di avere una particolare predisposizione nell’essere educatore e formatore: l’ho capito soprattutto in Azione Cattolica. Dopo la maturità ho scelto così di iscrivermi a Scienze della formazione e dell’educazione e ho conseguito la laurea all’Università degli studi Aldo Moro di Bari, nel 2000. Ho subito trovato lavoro come educatore in una struttura che forniva supporto educativo ai pluriminorati della vista.

Che tipo di lavoro svolgevi?

Elaboravo percorsi di riabilitazione che permettessero alle persone di essere più facilmente inserite nel contesto sociale e lavorativo. Si trattava di progetti semplici, realizzabili in modo concreto con la messa a punto di obiettivi raggiungibili a piccoli passi, a misura di coloro che mi venivano affidati dall’ente statale. Era una forma di “educazione domiciliare”, che realizzavo a diretto contatto con loro. Poco dopo, però, la mia tutor di laurea mi chiese se fossi interessato al dottorato in università. E io accettai.

Così hai lasciato il lavoro in quella comunità?

Sì, ho partecipato al concorso per il dottorato in “Psicologia della comunicazione: aspetti emotivi, affettivi e linguistici”, e, con grande fatica e soddisfazione, sono arrivato primo. Da lì è partita l’esperienza di quattro anni di dottorato, tutti incentrati sullo studio dei legami precoci tra madre e bambino. Il mio focus era incentrato, in modo particolare, sulla costruzione dell’attaccamento in soggetti con problematiche cliniche. Sono stati anni molto intensi, di ricerca e anche di insegnamento (un’altra mia grande passione): a conclusione del quadriennio, sempre all’Università di Bari, ho insegnato, come docente a contratto, “Psicologia dello sviluppo” e “Psicopedagogia delle differenze individuali” sia all’interno dei corsi di laurea in Scienze della Formazione sia all’interno delle specializzazioni per insegnanti di scuola secondaria.

Finito il dottorato, che cosa hai fatto?

Dopo il dottorato e l’insegnamento universitario, che mi hanno regalato molte soddisfazioni, ho ripreso i contatti con l’anima sociale. Ad Altamura ho lavorato per un anno in un grande centro diurno che accoglieva disabili psichiatrici, come educatore e progettista sociale. Poi mi sono trasferito a Milano, dove ho iniziato la mia pratica clinica, laureandomi in Psicologia clinica dei legami familiari in Cattolica.

E da lì con il tirocinio è nata la collaborazione con Fondazione Guzzetti…

Esattamente, con il tirocinio post lauream. Mi sono trovato davvero bene, il Consultorio “La Famiglia Ambrosiana” mi ha dato tanto in termini umani e professionali, al punto che il Direttore mi ha proposto di proseguire la collaborazione, e così ho svolto tre anni di volontariato come consulente psicopedagogico. Successivamente, dal 2018, ho iniziato ufficialmente a prestare un servizio professionale come psicologo all’interno della Fondazione. Attualmente sto completando la mia specializzazione in Psicoterapia, sono ormai agli sgoccioli del quarto anno, e nel frattempo continuo a fare molta formazione.

È davvero una costante della tua vita. Non si lavora se non continuamente formati?

Credo proprio di sì.

Su che cosa ti stai specializzando ora?

Sono terapeuta EMDR, con entrambi i livelli e sono in supervisione continua. Sono anche certificato dall’Università Cattolica per i Percorsi di Enrichment Famigliare (PEF), cioè lavoro con gruppi di coppie e famiglie con ottica preventiva.

Cioè?

L’obiettivo è quello di valorizzare le risorse presenti all’interno di ogni coppia e famiglia, perché si dotino della consapevolezza di queste stesse risorse, senza arrivare impreparate ai disagi conclamati che potrebbero sfociare in crisi complesse, insanabili o in violente rotture dei legami.


Simone Bruno

Perché hai deciso di continuare a lavorare in Fondazione Guzzetti?

Perchè mi piace tanto. È un luogo straordinario, che oggi in una città come Milano garantisce servizi che in altre città italiane non sono garantiti. Fondazione Guzzetti comprende sette consultori distribuiti nei diversi quartieri della città, che sono un ottimo punto di riferimento per disagi individuali, di coppia e familiari.

Quanto ha pesato il Covid nell’accompagnare utenti in consultorio?

Il Covid ha slatentizzato problematiche che da anni erano sedimentate, facendole emergere improvvisamente. Dal mio punto di vista, anche per l’esperienza clinica che ho accumulato in questi ultimi due anni e mezzo, i disagi più acuti vengono portati a galla dagli adolescenti e dai giovani adulti (19-35 anni). Alcuni di loro si cimentano con l’attraversamento di passaggi importanti della loro vita, scoprono di averne paura e domandano aiuto per essere accompagnati ad affrontare le sfide relazionali, affettive e lavorative. Altri stanno letteralmente crollando sotto il peso della mancanza di prospettiva, diventando vittime di depressione e ansia. Vedo che anche le coppie stanno soffrendo molto. Non solo quelle più giovani, ma anche quelle in età avanzata, che non tollerano il nido vuoto e non sanno come ricalibrare il loro progetto di coppia.

Che cosa sogni per il futuro della Fondazione?

Che il consultorio si doti di modalità di accoglienza specifiche per famiglie, adolescenti e giovani adulti. Quest’ultima, a mio parere, è la fetta più colpita dai problemi sociali odierni, che ha vissuto e vive tuttora una sospensione esistenziale ulteriormente avvalorata dalla pandemia. Un altro sogno che ho per la Fondazione è la possibilità di ampliare la proposta dei gruppi per coppie e famiglie. Con la mia collega, Roberta Fumagalli, anche lei operatrice in Fondazione Guzzetti, abbiamo avviato durante il Covid corsi per coppie di sposi, che hanno avuto cinque edizioni consecutive del medesimo corso. Abbiamo raggiunto più di 100 persone.

Per realizzare i sogni occorrono progetti concreti. Che cosa manca perché i sogni che hai diventino realtà?

Sarebbe interessante introdurre strumenti nuovi, modalità di intervento aggiornate. Servono anche spazi adeguati, molto più ampi di quello che oggi ci è consentito. Il rapporto con ATS, che consente la convenzione, a volte risulta un po’ stretto e poco funzionale alle reali esigenze del territorio. Da parte nostra possiamo continuare a fare bene la formazione, fornendo agli operatori competenze sempre più approfondite e mirate.