Fondazione Guzzetti ha attivato nelle scorse settimane dei gruppi online gratuiti per tutti coloro che volessero affrontare tematiche legate al Covid insieme all’aiuto e al supporto professionale di due operatrici di Fondazione Guzzetti, la dottoressa Silvia Torri e la dottoressa Giulia Guariso.
“Il gruppo è stato un momento di condivisione di esperienze. In un clima di cordiale accoglienza abbiamo avuto la possibilità di incontrare virtualmente persone che hanno vissuto il lockdown in maniera diversa: alcune persone hanno contratto il Covid, altre invece no, ma facevano fatica a recuperare la serenità e la voglia di fare. Alcuni hanno visto il Covid come qualcosa lontano da loro, ma hanno sofferto l’isolamento e gli obblighi imposti per la sicurezza di tutti. La maggior parte dei nostri utenti si sentiva impaurita, in ansia, confusa, sola e non sapeva come affrontare questa nuova situazione che stava cambiando la loro vita. Molti si sono persi: è emerso più volte nel gruppo un senso di smarrimento, soprattutto quando il lockdown si prolungava di continuo”.
Sono stati tre incontri molto diversi tra loro, ognuno con una sua specificità.
Ne parliamo insieme alla dott.ssa Silvia Torri, psicologa.
“Nel primo incontro, con le nostre utenti, abbiamo riconosciuto, dato un nome ed accolto tutte le emozioni, le fatiche e le difficoltà provate nel lockdown e nella fase 2. Purtroppo questa situazione ci ha cambiato; siamo cambiati noi e le nostre relazioni. La paura ha portato ciascuno a vedere l’altro come un potenziale “pericolo”, ci hanno costretti a mantenere un distanziamento sociale che ha portato a “congelare” il nostro quotidiano, le nostre relazioni, ma anche le nostre emozioni. Attraverso il dialogo abbiamo riportato a galla tutto quello che per mesi abbiamo dovuto tenere nascosto perché era più importante reagire”.
“Il secondo incontro è stato incentrato su tutto ciò che il lockdown ci ha portato in senso positivo. Partendo dalle esperienze concrete delle nostre utenti abbiamo riflettuto su cosa di nuovo hanno scoperto, delle nuove risorse e consapevolezze che sono riuscite a trovare in loro stesse. Cose che in realtà le signore hanno sempre avuto, ma che aspettavano solo l’occasione di poter emergere e di poter essere usate. Se nella prima fase eravamo in balia delle emozioni, in modo particolare della paura, nella seconda fase c’è stata una riscoperta di noi. Cosa posso fare per riorganizzare il mio quotidiano? E’ stata questa la domanda su cui abbiamo lavorato. Ci siamo raccontate strategie di problem solving ed è stato bello scoprire che altre persone che non si conoscevano tra loro hanno vissuto le stesse emozioni e condiviso strategie. Questa è stata decisamente l’arma vincente”.
Tante le testimonianze dei partecipanti:
“Ho riscoperto delle cose che prima avevo accantonato, come il piacere della lettura, la decisione di non comprare sempre i pasti precotti, ma di dedicarmi alla cucina, il piacere di stare insieme in famiglia”.
“Ho cominciato a suonare uno strumento”.
“Venendo a mancare le relazioni esterne, mi sono relazionata solo con me stessa. Sono venuti a mancare tutti gli obiettivi che avevo, e allora ho deciso di costruirmi io un obiettivo”.
“Una rinascita, una vera e propria riscoperta di me”.
“Il terzo incontro è stato incentrato sul rapporto tra le emozioni del lockdown e le emozioni provate adesso in un clima di “bombardamento” mediatico spesso incoerente e contrastante. Grande peso è stato dato ai mass media. I casi stavano aumentando e la mancanza di informazioni certe ci ha portato a ipotizzare possibili risposte alle mille domande che sorgevano. Quando le domande sono tante e le risposte sono poco, si genera un sentimento di incertezza che non fa bene. Se nel primo lockdown cercavamo qualunque notizia e la trasmettevamo ai nostri contatti più stretti, in modo ossessivo compulsivo, ora siamo saturi di notizie. Abbiamo imparato a selezionare ed a gestire emozioni come paura, frustrazione ed impotenza. Viviamo giorno per giorno consapevoli che ognuno di questi sarà diverso, ma che siamo in grado di affrontarlo al meglio delle nostre possibilità perché anche se distanti non siamo soli.”
Le testimonianze dei partecipanti:
“Ho avuto paura di ritornare a non essere libera di gestire il mio quotidiano”.
“Ora che avevo trovato finalmente un nuovo equilibrio, avrò la forza per affrontare la seconda ondata?”
Cosa può fare Fondazione Guzzetti per aiutare le persone in questo momento così difficile?
“Una proposta è quella di aumentare la possibilità di svolgere gruppi di questo tipo. E’ necessario fare più step, più incontri. Dobbiamo continuare ad accompagnare le persone che hanno iniziato questo percorso (come altri) e far capire loro che hanno delle risorse che possono utilizzare. E’ giusto accogliere soprattutto i più fragili che in questo momento stanno facendo più fatica di altri. Ma non necessariamente deve esserci una patologia per affrontare un percorso simile”.
Qual è l’obiettivo della partecipazione a un gruppo del genere?
“L’obiettivo è quello di avere una maggiore consapevolezza di se stessi. E’ fondamentale ora lavorare sulle emozioni provate a causa della malattia, dell’isolamento, della convivenza forzata o della perdita di una persona cara”.
Quali sono i campanelli d’allarme che una persona deve tenere presente in una situazione di forte stress come questa, prima di arrivare a condizioni psicologiche critiche?
“Sicuramente la fatica di gestire l’ansia, la sensazione che affrontare tutto sia un peso, la sensazione forte e pressante di non potercela fare. Anche se i segnali in questo periodo possono non essere immediatamente visibili. Nulla è certo, bisogna sondare. Ecco perché occorre seguire e monitorare le persone. Bisogna osservare se la paura si trasforma in fobia, se l’agitazione si trasforma in ansia o attacchi di panico. Certo è che la condivisione e l’accoglienza del racconto emozionale aiuta tanto. Il gruppo proposto da Fondazione Guzzetti è una possibilità per tutti di poter trovare uno spazio adatto a sè”.